venerdì 11 gennaio 2013

Diario di viaggio d'altri tempi

Tunisia 








27.12.1975 sabato

Mi sveglio di buon mattino a causa del caldo e del terribile rumore del condizionatore, ma non oso alzarmi per non disturbare A.
La giornata è splendida e posso starmene tranquillamente sul balcone a scrivere una lettera (per usare la carta intestata dell’albergo) a casa.
Colazione di buon’ora a base di tè, burro, marmellata di albicocche, casalinga e spessa, pane e fetta di torta.
Dopo lunga attesa dell’animatrice locale, decidiamo di iscriverci all’escursione di Kairouan nel pomeriggio, a quella nelle oasi, che ci sta molto a cuore, per il giorno seguente e ad una terza che ha come meta Tunisi.
Alle 10 passate cominciamo una ricognizione dell’albergo. In una bellissima posizione, proprio sul mare, sorge in mezzo a palme, aranceti, carichi di frutta; qui si possono vedere alberi da frutta e fiori fra cui grandi stelle di Natale fiorite.
Aggiriamo la piscina e il solarium e scendiamo in spiaggia. Cominciamo a camminare lungo un mare bellissimo e calmo in direzione della cittadella di Hammamet.










 Percorrono la spiaggia anche cammelli, somari e cavalli; il sole è molto caldo, qualcuno, audace, è in costume.
Ad un tratto una scena mi colpisce molto: ci si avvicina un bimbetto con un’arancia in mano; ce la vuole offrire a tutti i costi. A. finisce per prenderla ed è allora che il piccolo pretende soldi tunisini, ma noi non ne abbiamo perché dobbiamo ancora cambiare; dapprima rifiuta le 100 lit perché vuole 100 milles tunisini poi si “accontenta “ di 200 lit, ma A. preferisce restituire il frutto.
Il litorale è piuttosto bello e molto lungo, lo delimita una fascia verde di palmizi da cui spiccano numerose costruzioni candide che ospitano modernissimi alberghi; all’estremità c’è il limite della Medina di Hammamet.
Prima di rientrare due ragazzini, play boys in erba, cercano di attaccar bottone rivolgendoci mille frasi in altrettante lingue.
Pranzo verso le 12.15, causa prossima partenza. Al nostro tavolo si è aggiunta la sesta (sic!!!!) donna: l’accompagnatrice del nostro gruppo.
Pranzo: beviamo ottimo vino bianco!
I il dito di Fatima (ripieno di carne trita rivestito di pasta sfoglia)
II pollo condito con olio vergine e dal sapore strano, con patate.
III Patisserie pyramide (fetta di torta con copertura di cioccolato).





 Ore 13.30 partenza per Kairouan, noi arriviamo in ritardo al pullman e per un pelo non ci lasciano giù. La guida locale ci dà alcune notizie sulla città che stiamo per vedere. La nostra guida non conosce l’italiano ed allora un volonteroso compatriota gli fa da interprete.
  • Kairouan è l’antica capitale tunisina ed è la IV città mussulmana dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme. La città conta più di 100 moschee molte delle quali ormai usate solo come scuole coraniche per giovani e come sedi di università; si trova proprio al centro della zona stepposa.
Ci vengono date alcune notizie molto interessanti sulla religione musulmana.

La strada che percorriamo è fiancheggiata da una fila continua di fichi d’India, alcuni dei quali piantati da poco. Passiamo da Enfideville, città costruita per i coloni francesi e italiani con una chiesa cattolica ora sconsacrata e sede di museo. I campi a volte sono seminati di recente, più spesso sono incolti, di frequente capita di vedere greggi di pecore con giovani pastorelli e uomini coi loro mantelli scuri a dorso di mulo.
Arriviamo a Kairouan, antica capitale, circondata da mura bizantine nel cuore della steppa tunisina; c’è un’aria abbastanza freddina. Ci incamminiamo verso le vie interne per vedere la Moschea grande.
Prima di entrare la guida indossa il caratteristico mantello in lana bianca; gli chiediamo se lo fa perché sta per entrare in una moschea, ci risponde semplicemente che lo indossa perché fa freddino; ne deduco che questo mantello sostituisce il cappotto europeo.
Entriamo nel vasto cortile della moschea. Soltanto dall’esterno possiamo vedere la grande sala di preghiera, ricca di bei tappeti e l’alto e bel Minareto; infatti condizione perché esista una moschea è che ci sia:
il Minareto
la sala di preghiera
i lavabi per le abluzioni.


Successivamente diamo un’occhiata al cimitero arabo con le tombe bianche tutte uguali e senza fiori ed entriamo nella Medina; ne percorriamo, sole, la strada principale, frequentatissima di gente travestita al solito modo che ci fa abbastanza tremare.
I vari bazar straripano di souvenirs per i turisti e accanto ad essi ci sono le botteghine piccolissime del macellaio con i pochi pezzi di carne in bella vista e la bilancia a 2 piatti antidiluviana, il fruttivendolo, il ciabattino ecc.
Entriamo in un negozio dove ci mostrano la lavorazione dei famosi tappeti di Kairouan dai disegni classici e di nuovo torniamo al pullman.
Sosta davanti ad un mausoleo dei martiri di guerra che mi piace molto, forse perché illuminato dal sole, e alla Moschea del Barbiere eretta nel luogo ove sorgeva la tomba dell’amico di Maometto che ne conservava 3 peli della barba. Di non molto grandi dimensioni, si tratta di un piccolo gioiello. Per entrare nel bel cortile si passa attraverso un ingresso ornato di ceramiche e con la cupola ricca di fregi in stile arabo-andaluso. Alcuni presenti richiamano l’analogia con l’Alhambra di Granada.
Anche il cortile è ornato con le meravigliose ceramiche di Nabeul, ex-voto delle ragazze locali.
L’ingresso alla sala di preghiera è vietato in Tunisia; vediamo dall’esterno donne sedute (le scarpe sono fuori); in una nicchia sede della tomba di un santone locale, 2 donne vestite di bianco, sedute, meditano e una di esse contemporaneamente al vederci, se la ride sotto il velo.
La visita alla città è finita, nell’allontanarci vediamo i bacini (130 nei dintorni) per l’irrigazione di questa città che conta 90.000 abitanti.
Dal pullman assistiamo ad un favoloso tramonto africano e a 2 migrazioni di anitre selvagge in grande e strabiliante formazione.
Costeggiamo uno “Sciott”, lago salato, ripassiamo per Enfideville e verso le 7 siamo in albergo. Ceniamo scegliendo le specialità tunisine che ci propone il menù, prendiamo il caffè (molto lungo) al bar e ci ritiriamo abbastanza presto nella nostra camera accogliente: l’indomani ci aspetta una levataccia.










continua...








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